Costituzione: 16 maggio 1938
Ubicazione: Germania, a nord-est di Norimberga

Lager “di frontiera”, situato nel nord-est della Baviera vicino al confine con la regione dei Sudeti (all’epoca territorio cecoslovacco), il KL Flossenbürg viene aperto il 3 maggio 1938 da prigionieri provenienti da Dachau. Le categorie destinate al campo sono inizialmente quelle degli “asociali” e dei “criminali” (triangoli neri e verdi); come a Mauthausen, è la Deutsche Erd-und Steinwerke GmbH (fondata nell’aprile 1938) a far lavorare i prigionieri nelle cave di pietra circostanti. Ai primi quattrocento prigionieri di Dachau si aggiungono, in novembre, altri 1.300 internati provenienti in gran parte da Buchenwald e Sachsenhausen.

La possibilità di sfruttamento intensivo e fortemente redditizio della manodopera schiavile fa salire, nel giro di un anno, il numero dei prigionieri a 3.000 (contro una capienza iniziale progettata di 1.600 persone).

Con l’inizio e l’evoluzione della guerra, e l’aumento della popolazione del Lager, il lavoro e l’assetto del campo subiscono consistenti modifiche. I primi deportati non tedeschi sono “politici” cecoslovacchi e polacchi, giunti a partire dalla primavera 1940; alla fine dello stesso anno giungono anche i prigionieri di guerra sovietici, confinati in tre blocchi (11-13) isolati all’interno stesso del lager. A partire dal 1942 vengono aperti sottocampi destinati alla produzione di armi e macchine belliche (tra le altre, spicca la produzione degli aerei Messerschmitt 109). Distribuiti tra Baviera, Sassonia e Boemia, arrivano al numero di 97: cinque di essi vengono ceduti dall’amministrazione del lager di Ravensbrück a quella di Flossenbürg nel settembre 1944. Circa la metà (45) erano sfruttati per la produzione industriale; in un quarto di essi (22) si svolgevano attività legate all’edilizia e alle costruzioni. Tra i sottocampi più grandi vanno ricordati quelli di Hersbrück (oltre 4800 internati) e Leitmeritz (Litomerice; oltre 5.000 internati). In quello di Mülsen-Sankt Micheln, ha luogo anche una rivolta dei prigionieri, soffocata nel sangue (maggio 1944).

Luogo di “sterminio attraverso il lavoro”, Flossenbürg conosce anche esecuzioni di massa mirate, soprattutto di prigionieri di guerra sovietici.

A Flossenbürg vengono eseguite anche condanne a morte legate all’attentato contro Hitler, tra qui quella del teologo e filosofo Dietrich Bonhoeffer.

Campo maschile fino al gennaio 1943, Flossenbürg vede poi affluire un numero crescente di donne deportate, sempre distribuite nei lager dipendenti (un settore femminile nel Lager principale fu aperto solo nel marzo 1945).

Al termine di questo periodo (fine 1944) il sistema di lager coordinato dal KL Flossenbürg racchiude circa 40.000 prigionieri, di cui 11.000 donne. Nel 1945 affluiscono deportati evacuati dai lager dell’Est, come Auschwitz, e da altri che vengono progressivamente sfollati, in particolare Gross-Rosen e Buchenwald. A metà aprile i prigionieri risultano 45.813 (di cui 16.000 donne).

Nella prospettiva di un’avanzata della 90a Divisione di Fanteria dell’Esercito degli Stati Uniti, il lager principale viene evacuato e i 14.800 prigionieri in grado di camminare vengono avviati verso sud (negli stessi giorni è in atto l’evacuazione, con altrettante “marce della morte”, dei vari sottocampi). La marcia dura tre giorni, fino a quando la colonna viene intercettata dalle truppe alleate; mora circa un terzo dei prigionieri, a cui si aggiungono i 1.500 morti nell’evacuazione complessiva dei sottocampi. Il Lager principale viene liberato il 23 aprile; qui si trovano ancora 1.500 prigionieri, malati o impossibilitati a muoversi.

Secondo le fonti più recenti risultano registrati nell’insieme del lager principale e dei sottocampi 96.716 internati, di cui circa 16.000 donne. I morti individuati sono circa 30.000. Si tratta, come spesso avviene in questo tipo di ricerche, di cifre non sicure e approssimate per difetto. Oltre ai casi di mancata registrazione, risulta infatti che a Flossenbürg i numeri di matricola di prigionieri deceduti venivano riassegnati, almeno fino al marzo 1944.

Quanto alle nazionalità dei prigionieri, polacchi e sovietici assommavano al 60% del totale, seguiti da ungheresi (9%), francesi (7%) e tedeschi (5%) . Gli ebrei passati per Flossenbürg sono stati circa 10.000.

I deportati.italiani a Flossenbürg

Se i primi italiani arrivarono da altri lager già nel 1943, nell’ordine di alcune centinaia, poco più di 2.600 italiani vengono deportati dall’Italia a Flossenbürg tra il settembre 1944 e il gennaio 1945, con tre trasporti partiti da Bolzano (settembre e dicembre 1944, gennaio 1945) e due da Trieste (dicembre 1944 e gennaio 1945).

Tra i 5.124 nominativi di italiani individuati risultano 545 donne. Anche fra queste alcune provengono da altri lager; in particolare un certo numero di deportate per motivi politici (per la precisione operaie arrestate dopo gli scioperi del marzo 1944), in un primo tempo inviate a Birkenau e di qui trasferite a Flossenbürg. Rimane da studiare con precisione la percentuale dei decessi. Un terzo degli italiani (1.077) è sicuramente morto in lager; ma solo di 180 deportati è attualmente documentata la liberazione.

Il Lager dopo il 1945

Le strutture del Lager vengono utilizzate in un primo tempo per la detenzione di prigionieri tedeschi (per la maggior parte SS) sotto custodia alleata (luglio 1945-aprile 1946). Successivamente e fino al 1947 le strutture vengono occupate dall’UNRRA, organizzazione ONU che si occupa di profughi e di famiglie disperse (“Displaced Persons”). Vi sono, tra i rifugiati, anche ex prigionieri, che organizzano una parte dell’area a ricordo dello sterminio: la zona interessata è quella della cosiddetta “Valle della morte”, incentrata sul crematorio (conservato e aperto ai visitatori fin dal 1946), all’ingresso della quale è stata edificata una cappella cattolica con le pietre delle torri di guardia. La zona circostante e a monte del piazzale dell’appello è stata sottoposta, negli anni successivi, a una completa ristrutturazione edilizia (edifici residenziali), dietro la quale si scorge con difficoltà la disposizione originaria del campo. Nel 1966 viene aperto un museo nel blocco dell’ex prigione; nel 1995 è stato inaugurato un luogo di culto ebraico a fianco della cappella.

Indicazioni bibliografiche

I dati e le statistiche sono stati ricavati, tra l’altro, da:

Das nationalsozialistische Lagersystem, Frankfurt a.M., Zweitausendeins, 1990 (riediz. a c. di M. Weinmann et al. del Catalogue of Camps and Prisons in Germany and German-occupied Territories, Arolsen 1949)
Gudrun Schwarz,
Die nationalsozialistischen Lager, Frankfurt a.M., Fischer, 1990
Valeria Morelli,
I deportati.italiani nei campi di sterminio, Milano, 1965
I.Tibaldi,
Compagni di viaggio. Dall’Italia ai Lager nazisti. I “trasporti” dei deportati 1943-1945, Milano, Franco Angeli,  1994
I.Tibaldi,
Calendario della deportazione politica e razziale, Aned Piemonte-Consiglio Regionale del Piemonte, Arezzo, 2003
Dario Venegoni,
Uomini, donne e bambini nel Lager di Bolzano. Una tragedia italiana in 7982 storie individuali, Milano, Mimesis, 2005, online su questo sito
(altre informazioni sono state fornite da Italo Tibaldi che qui ringrazio).

Ulteriori informazioni di carattere storico e documentario si possono rintracciare nel Dizionario della Resistenza, a c. di E. Collotti, R. Sandri e F. Sessi, Torino, Einaudi, 2001, vol. II, pp. 458-9 (scheda di C. Saletti).
Per saperne di più consultare il sito del Memoriale del campo di concentramento di Flossenbürg

Memorialistica italiana

Flossenbürg è stato raccontato assai presto, nell’ormai introvabile Il triangolo rosso del deportato politico n. 6017 di P. Da Prati (Milano, Gastaldi, 1946), in cui trovano ampia descrizione molti altri lager e sottocampi, da Bolzano a Saal-Donau, Mauthausen, Linz e Dachau.
Altro resoconto di particolare interesse ed efficacia è quello di un religioso, padre Giannantonio Agosti ofm,
Nei lager vinse la bontà, Milano, Artemide, 1960 e 1987 (online su questo sito), ricco di ritratti di compagni di deportazione tra cui quello di Teresio Olivelli.
Ricco di umanità e caratterizzato da uno sviluppo non semplicemente cronachistico, nonostante il titolo, è il racconto di S. Rusich De Moscati,
Il mio diario: a venti anni nei campi di sterminio nazisti. Flossenbürg 40301, Fiesole, ECP, 1992. Avvenimenti e compagni sono rievocati a quarant’anni di distanza da una memoria in cui prevalgono gli elementi riflessivi rispetto alla descrizione degli eventi compresi fra l’arrivo al Lager e la liberazione.
E’ inserito in una storia autobiografica più ampia, che spazia dal 1929 al 1976 e comprende anche una condanna da parte del Tribunale Speciale e un anno di detenzione a Gaeta e Peschiera, il racconto di deportazione a Dachau e Flossenbürg di G. Ponzuoli,
“E il ricordo continua…”: memorie di un ex deportato nei campi di sterminio nazisti, Genova, Tip. Graphotecnica, 1987.

Si vedono anche le prospettive di giovanissimi (17-18 anni) deportati in A. Scollo, I campi della demenza, Milano, Vangelista, 1975, e nelle memorie di F. Varini, Un numero un uomo, Milano, Vangelista, 1982.

Un resoconto attento e minuzioso è quello di G. Cantaluppi, Flossenbürg. Ricordi di un generale deportato, Milano, Mursia, 1995, uscito nello stesso anno in cui sono state pubblicate le memorie di un suo compagno di trasporto, Gianfranco Mariconti, Memorie di vita e di inferno. Percorso autobiografico dalla spensieratezza alla responsabilità, a c. di E. Ongaro, Sesto S. Giovanni, Il Papiro, 1995.

Su questo stesso sito è reperibile il drammatico resoconto di un superstite, pubblicato postumo a cura dei figli: Italo Geloni, Ho fatto solo il mio dovere, Pisa, 2001.

Lucio Monaco