Costituzione: 1944
Ubicazione: Italia, nei pressi di Bolzano, lungo la via Resia.

Dal luglio 1944, resosi insicuro il campo di concentramento di Fossoli, nei pressi di Carpi (Modena), le deportazioni continuano dal nuovo campo di Gries -Bolzano. Progettato per 1.500 prigionieri su di un’area di due ettari, con un blocco esclusivamente femminile e 10 baracche per gli uomini, viene successivamente ampliato e raggiunge una capienza massima di circa 4.000 prigionieri. Può contare sui Lager satellite di Bressanone, Merano, Sarentino, Campo Tures,Certosa di Val Senales, Colle Isarco, Moso in val Passiria e Vipiteno.

Il campo è gestito dalle SS di Verona, comandato dal tenente Karl Friedrich Titho e dal maresciallo Hans Haage che già hanno svolto gli stessi incarichi a Fossoli. Alle loro dipendenze una guarnigione di tedeschi, sudtirolesi ed ucraini (questi ultimi, giovanissimi, tristemente ricordati per il loro sadismo). Sono internati a Gries soprattutto prigionieri politici, partigiani (o familiari di partigiani presi in ostaggio), ebrei, “zingari” e prigionieri alleati, donne e bambini.

Pessime le condizioni di vita, massacranti i tempi di lavoro, numerosi i casi di tortura ed assassinio. Il numero di matricola più alto assegnato in questo campo è stato 11.115 (cfr la fondamentale ricerca di Luciano Happacher), ma numerosi deportati – a cominciare dagli ebrei – non ricevono un numero di matricola. Nel suo studio sul campo pubblicato nel giugno 2004 (Uomini, donne e Bambini nel lager di Bolzano), Dario Venegoni documenta i nome e le generalità di 7.809 deportati, e ipotizza che il numero complessivo dei deportati in questo campo si sia aggirato attorno alle 9.500 unità. Numerosi sono i trasporti che tra l’estate 1944 e il febbraio 1945 partono per Ravensbrück, Flossenbürg, Dachau, Auschwitz, e per Mauthausen, portando migliaia di deportati che non fanno più ritorno. Sulla base del lavoro di ricerca di Italo Tibaldi, Dario Venegoni ha documentato i nomi di 3.405 deportati verso i campi del Reich,  e di 2.050 uomini, donne e bambini che da quel viaggio non hanno fatto ritorno.

Nel campo fu attivissima una organizzazione di resistenza, in stretto contatto con una struttura di appoggio esterna. Decine di persone, dentro e fuori del campo, sono impegnate in una pericolosissima attività di assistenza ai deportati, con particolare attenzione a coloro che vengono inseriti nei trasporti verso i campi di sterminio. Tra di esse vanno ricordate senza dubbio Ferdinando Visco Gilardi e la moglie Mariuccia, Ada Buffulini, Laura Conti, Franca Turra, Armando Sacchetta, Carlo Venegoni, Gigi Cinelli, Renato Serra, e un gruppo di sacerdoti deportati, tra i quali Andrea Gaggero e Daniele Longhi. Alcune centinaia di deportati ricevono in questo modo notizie dalla famiglia, viveri, vestiario e denaro, e alcuni vengono aiutati a portare a termine con successo dei tentativi di evasione. Molti tra coloro che si impegnano in questa coraggiosa opera di assistenza e di organizzazione pagano con l’arresto, l’isolamento e anche con le torture.

Il 12 settembre 1944, prelevati alle 4 del mattino, 23 giovani italiani vengono condotti alle Caserme Mignon e assassinati a colpi di pistola. Altri morirono sotto le sevizie degli aguzzini, in particolare di una coppia di giovanissimi ucraini. Uno di questi, Michael Seifert, rintracciato in Canada, nel 2000 è stato condannato all’ergastolo dal Tribunale Militare di Verona per i crimini commessi nel Lager e nel 2008 è stato estradato in Italia. A Gries morirono diverse decine di persone: deportati politici, ebrei e prigionieri di guerra alleati.

Tra il 29 e il 30 aprile 1945 la quasi totalità degli internati riceve un regolare permesso firmato dal comandante del campo. Molti vengono accompagnati, a scaglioni, ad alcuni chilometri dalla città e rilasciati. Tra la fine di aprile e i primi di maggio 1945 i deportati vengono progressivamente liberati e il Lager chiuso, mentre le SS si danno alla fuga, non prima di avere distrutto praticamente tutti i documenti del campo, cancellando così la gran parte delle prove dei loro crimini.

L’area del campo di Bolzano, oggi

Delle costruzioni dell’area del campo di Bolzano-Gries, purtroppo, oggi non rimane praticamente più traccia. Abbattuti i “blocchi” e le “celle”, sull’area del KZ sorgono diversi palazzi di abitazione. La Provincia di Bolzano ha posto sotto tutela l’ampia porzione del muro di cinta originale, fin qui presso che intatto. Il Comune di Bolzano, nel giugno 2004, ha collocato di fronte al muro di cinta del campo 6 pannelli che ricordano il Lager e le sue vittime.
Sul fianco del muro è indicata la vecchia apertura con passo carraio dalla quale uscivano i deportati costretti al lavoro coatto nelle officine allestite nelle immediate vicinanze del campo o negli stabilimenti dell’area bolzanina.