L’antifascismo di An? E come la mettiamo con le tesi guerrafondaie su Istria e Dalmazia?



ERNESTO ARBANAS
– Prendo la parola in sostituzione del nostro segretario di sezione compagno Ferdinando Zidar che purtroppo per motivi di salute si scusa molto di non poter intervenire personalmente, e anzi purtroppo di aver dovuto lasciare Prato prima della fine del congresso. Quindi ho preso nota di alcune sue annotazioni che aveva in mente di portare qui a nome di Trieste e tenterò di interpretarle come meglio posso.

Sentita la relazione del compagno Maris dichiara di essere molto d’accordo sul giudizio che in quella relazione è stato dato su Alleanza nazionale, di questo movimento che specialmente a Trieste, si sforza di farci credere in una sua democratizzazione, in un suo “antifascismo”. Il deputato Menia, che tutti avrete sentito nominare, in occasione di una riunione con i suoi camerati a Trieste in cui giustificava questa “democraticizzazione” del MSI (perché lui ormai la sua poltrona ce l’ha), tentava di convincere questi fascistoidi del suo movimento che è giusto fare così. Però li confortava anche (adesso cito quello che scriveva Il Piccolo di Trieste) ribadendo che «il sogno che nessuno ci può togliere è quello di rivedere un giorno l’Istria e la Dalmazia ritornare italiane».
Queste sono testuali parole, certamente dette così sembra quasi una cosa patriottica, però non è difficile per noi capire quale significato possano assumere queste affermazioni. E’ un guerrafondaio vero e proprio. E quindi in quelle tesi del suo movimento sulla politica adriatica, approvate all’unanìmità al loro congresso di Fiuggi, sta scritto che una politica adriatica è tesa a riaffermare il suo ruolo e i suoi diritti oltre il confine orientale, con un impegno volto a riaffermare la italianità delle terre di Istria, Fiume e Dalmazia, usando anche il veto all’ingresso delle nuove Repubbliche nell’Unione Europea per conseguire la restituzione. Cioè ha spiegato esattamente la politica che dalla fine della guerra è stata patrimonio del MSI, e quindi continua ad essere quello di Alleanza nazionale.
Ecco, questa è la situazione in cui noi ci troviamo a Trieste: dobbiamo fare i conti con queste persone, con queste espressioni guerrafondaie, che poi sono state dette e continuano ad essere dette in un ambiente molto teso, surriscaldato, specialmente in questi giorni quando si è dato il via libera da parte dell’Italia alla Slovenia per l’avvio a un suo inserimento in Europa, con la caduta del veto da parte dell’ex governo Berlusconi. Il che una certa eco l’ha avuta anche qui, in tutto il nostro Paese, ma a Trieste in modo particolare. Anzi questo sedicente antifascista e democratico Menia ha definito Susanna Agnelli come serva dello straniero, queste sono sue parole.
Sono sullo stesso piano peraltro anche gli altri due parlamentari triestini del cosiddetto Polo delle libertà. Ricordate Brandt che si è andato a inginocchiare a Varsavia? Loro pretendono che qualcuno vada a inginocchiarsi di fronte alle foibe, vogliono paragonare le due cose. In queste ultime settimane è stata clamorosamente tirata fuori anche la questione delle foibe e della deportazione effettuata da parte dei partigiani iugoslavi alla fine della guerra in Venezia Giulia, che era in quell’epoca occupata, chiedendo alla magistratura di intentare dei processi contro gli infoibatori, e ciò a 50 anni dalla fine della guerra, sulla base di documenti già da anni noti, e che non possono dire assolutamente nulla di nuovo. E da questa parte si è messa anche la RAI-TV.
Nel suo “Combat Film” dedicato a questi problemi è stato chiamato a testimoniare anche il comandante del presidio della milizia fascista di Montona in Istria, naturalmente rifugiatosi in Italia. Un ufficiale della Repubblica Sociale Italiana, insomma.

A questo punto è giusto precisare che non si ritiene assolutamente pienamente giustificata la lotta degli Jugoslavi, anzi sembra anche in un certo modo condannabile, però è comprensibile perché si è trattato fondamentalmente di una dura reazione alla barbarie nazifascista, ed in particolare contro gli Sloveni e i Croati, una lotta che era iniziata già negli anni ’20. Lì è iniziata la cosiddetta pulizia etnica, non dopo, gli altri hanno solo copiato questo sistema. Culminata poi, dal 1920 con l’annessione della Venezia Giulia all’Italia, successivamente molto più profondamente nei territori assolutamente non abitati da popolazione italiana, con l’aggressione e l’occupazione della Jugoslavia nel 1941.
Detto questo, risollevare in questo modo le dolorose vicende del passato del Friuli Venezia Giulia non deve impedire un processo di pacificazione, anzi di collaborazione e di apertura verso questi popoli dell’Est, estremamente necessaria alla nostra regione, vista la guerra che abbiamo a un centinaio di chilometri da noi. Lo stesso si cita da parte del compagno Zidar un passo del signor De Castro, che era rappresentante del governo italiano presso il governo militare alleato che occupava la città di Trieste, la zona A, fino al 1954. Questo signor De Castro il 30 agosto 1994, parlando in un articolo sul Piccolo disse: “Il futuro di Trieste passa attraverso la politica estera”, faceva un messaggio al governo italiano, che allora era di Berlusconi.
Uno dei passi che voglio qui riportare dice testualmente: “Roma cerchi di capire finalmente che Trieste com’è costituisce una città economicamente superflua per l’Italia, ma che una Trieste aiutata a sfruttare questo momento storico tanto favorevole diverrebbe invece un centro quanto mai redditizio per la nostra economia”. Questa è un’opinione autorevole di un rappresentante del governo italiano dell’epoca che conosce molto bene i problemi della nostra zona.
C’è da augurarsi che l’apertura dell’Italia verso la Slovenia, che ha dato il via a questa nuova fase prosegua, anche se i problemi da superare sono ancora moltissimi e difficili, specie per quanto concerne il problema delle minoranze a cavallo del confine orientale: quella slovena in Italia che non ha ancora una legge di tutela globale, e quella italiana in Slovenia, e specialmente in Croazia, la quale ha subito nuove minacce di non riconoscimento di uguali diritti.
La situazione poi è stata ancora di più complicata perché ancora a Trieste sono presenti decine e decine di migliaia di esuli, dei profughi dell’Istria; essi hanno costituito e costituiscono ancora una grossa riserva di voti che le forze di destra si contendono con sfrenate demagogie, facendo promesse di restituzione dei beni abbandonati dagli esuli che non potranno, noi sappiamo, sicuramente essere mantenute.
In questa situazione come si è mossa l’Aned? Che cosa abbíamo fatto? Cosa stiamo facendo? Cosa pensiamo che sia utile fare? L’Aned ha cercato di reagire in collaborazione con le altre associazioni della Resistenza, l’Anpi e l’Anppia, con l’Istituto di storia della lotta di liberazione. Non entro adesso nei particolari perché si trovano nella relazione sulla attività svolta presentata alla segreteria nazionale. Vorrei piuttosto accennare alle prossime iniziative che, come sempre, avranno il loro centro nella Risiera di San Sabba. L’8 e 9 aprile c’è in programma un convegno di donne sul tema della violenza e del razzismo. I:iniziativa è stata promossa unitariamente dal coordinamento femminile dell’Anpi, della Fvl, della Fiap, dell’Aned e dell’Anppia. Le celebrazioni del 50′ della liberazione della Risiera avranno luogo alla fine di aprile. La data esatta sarà fissata il prossimo lunedi da quel Comitato per la difesa dei valori della Resistenza che è stato costituito anche nella nostra provincia di cui l’Aned è parte attiva. Saranno precedute da otto conferenze indette dal Comune, dall’Istituto di Storia della Resistenza con lo slogan “Memoria che non passa”.
C’è poi una ambiziosa iniziativa sostenuta dall’Aned, ma anche dalla commissione della Risiera del Comune di Trieste (il quale però ha già dichiarato che non ha disponibilità finanziarie, però che ha una promessa di patrocinio da parte del Presidente della Repubblica, ma non ancora la grossa somma necessaria per realizzarla). Si tratta di una lettura scenica da tenersi nella Risiera come testimonianza della deportazione. Hanno promesso la loro partecipazione gratuita personalità della cultura e dello spettacolo come Giorgio Strehler, che certamente conoscete, Paolo Rossi, Omero Antonutti (un artista triestino), e anche altri che adesso non voglio nominare. Se sono rose fioriranno, e abbiamo anche noi questo sogno che questa iniziativa venga portata a termine.
Concludendo, faccio presente la necessità di trovare un editore per la seconda edizione del libro sulla Risiera. Stavolta i soldi ci sono, 20 milioni da parte della Regione e della Provincia: bisogna che l’iniziativa sia effettuata entro il 30 aprile, altrimenti si perdono i quattrini. La Mondadori ha stampato la prima edizione, oggi invece si è rifiutata di ristampare la seconda, possiamo pensare forse perché, diciamo che non era un affare. Tutti sappiamo che il proprietario della Mondadori è la Fininvest, penso che tutti abbiate capito.
Vorrei dire un’ultima cosa. C’era ultimamente il compagno Bruno Vasari a Trieste quando è stato dato alla stampa il libro, che è una serie di 70 testimonianze di nostri deportati, dal titolo I percorsi della sopravvivenza, e questo era giusto che vi ricordassi. Grazie.

GIANDOMENICO PANIZZA – Quello che sta accadendo da quella parte è molto serio, è il pericolo più grosso che abbiamo ai nostri confini, quindi io propongo che la nostra associazione si faccia promotrice di un incontro con l’ANPI, l’ANPIA, con gli Istituti regionali del Friuli e Venezia Giulia, con le varie forze politiche presenti in Parlamento, interparlamentari ecc., per prendere una iniziativa comune sui problemi, in vista delle celebrazioni del 25 aprile e per tutto quello che sappiamo.

ITALO TIBALDI – Completiamo questo intervento di Panizza facendo gli auguri affettuosi al compagno Zidar che purtroppo ha dovuto rientrare.