Intervento di GIUSEPPE VALOTA Sesto san Giovanni
 

Noi ci siamo riusciti: a 50 anni dalla liberazione abbiamo completato l’elenco dei nostri deportati

L’Aned di Sesto San Giovanni, in occasione dell’XI Congresso nazionale e a cinquant’anni dalla Liberazione nazifascista, è lieta di annunciare di avere pressoché completato la storia di tutti i nostri deportati. E’ un elenco generale di 341 nomi pervenuti alla nostra sezione; di questi 262 sono e fanno parte della storia di Sesto, o perché residenti, o perché vi lavoravano al momento dell’arresto nelle grandi fabbriche come la Breda, la Falk, la Pirelli, la Marelli.
Abbiamo cercato di raccogliere più elementi possibili; negli elenchi appaiono dati come: fabbriche dove lavoravano, professioni o mestieri, scuole che avevano fatto, date e luoghi dell’arresto, e via via fino ai trasporti, i campi di sterminio e la liberazione, deceduti e scampati. Una sorta di percorso dalla vita civile e lavorativa al trasporto e alle tragiche peripezie nei campi. Questi elenchi sono come un grande mosaico dove pazientemente, continuando a cercare materiale tra i familiari e i conoscenti si inseriscono ancora sempre nuove tessere.
Parallelamente a questa ricerca abbiamo raccolto un centinaio di testimonianze orali su audiocassette che stiamo trascrivendo; sono racconti di 19 ex deportati, 2 ex deportate e di circa un’ottantina di parenti prossimi, come vedove, figli e fratelli. Sono testimonianze che hanno un valore immenso, un patrimonio di umanità e di realtà storica di quegli anni drammatici che purtroppo non trovano riscontro sui libri di testo scolastici.
Abbiamo pensato di raccogliere i racconti dei parenti dei deportati che non sono tornati perché è stato ugualmente un dramma l’esperienza vissuta da queste persone; l’avere,visto strappato da casa di notte il proprio caro, seguirlo, per chi ha potuto, nelle sue peripezie nelle carceri o nel campo di Fossoli, e poi sparito nel nulla; oppure, come si diceva, “andato a lavorare in Germania”. Senza mai ricevere notizie se non qualche biglietto clandestino fatto uscire dalle carceri o buttato dal treno, oppure qualche lettera da Fossoli o da Bolzano preventivamente censurata. E poi più nulla.
La maggioranza di queste persone hanno testimoniato il dramma del non ritorno del proprio caro. L’Italia del 25 aprile era festosa per la riacquistata libertà, ma quante vedove e orfani alla ricerca disperata dei propri cari, vagavano negli ospedali o all’arrivo dei camion da Bolzano con le fotografie in mano. Uomini e donne che hanno sempre sperato, anche dopo, in un ritorno improvviso, perché era ed è difficile accettare di sentirsi dire: l’ho visto, era con me, poi non ne ho più saputo niente.
La nostra associazione diventerà una Fondazione, tutto questo capitale umano, etico e politico dovrà avere una degna collocazione. E’ anche uno spaccato al di là del dramma di ognuno di come si viveva allora, delle enormi difficoltà di tirare avanti nella miseria estrema in cui si viveva, ma anche della dignità delle persone e delle famiglie nella loro povertà, nella solidarietà, nella partecipazione corale della gente ai drammi, ma anche la felicità, ad esempio, il ritorno a casa di un deportato. La scuola e i giovani saranno i destinatari di questo capitale, perché sarà da qui, dal mondo giovanile, che dovrà ripartire la storia di un’Italia che merita ben altro dei tempi che stiamo vivendo.
C’è in giro una preoccupazione molto diffusa per i guasti che, la nostra democrazia sta vivendo, guasti di una politica spettacolo senza limiti che tutto consuma, l’attacco palese e occulto alle istituzioni, la lacerazione delle regole della convivenza democratica che la spregiudicatezza della destra italiana considera irreversibile, gli insulti inaccettabili al Presidente della Repubblica che mettono in discussione addirittura la funzione stessa del Presidente, la Corte costituzionale definita cupola mafiosa; insidiosa oltre che devastante la tesi grossolanamente portata avanti dal prevalere di una inammissibile Costituzione materiale rispetto alle regole scritte. La cosiddetta Costituzione materiale è la leva per demolire pezzo per pezzo lo Stato di diritto. In un contesto diverso accadde anche con il fascismo.
I regimi autoritari si fondano sul pensiero che chi ha il potere è autorizzato a fissare unilateralmente le regole, e non invece ad esercitarle in un quadro di norme costituzionali. L’identificazione tra governo e stato distrugge l’articolazione dei poteri. Nella destra poi c’è un partito, Alleanza nazionale, che si definisce, dopo l’ultimo suo congresso, anche antifascista. A noi sicuramente queste definizioni sembrano autentica capriola storica. liessere antifascista e democratico, è un problema che si pone questo partito, è un problema loro.
Noi siamo da 50 anni, ma anche da prima, già nel solco della storia della nostra Costituzione, e ci siamo sempre riconosciuti nel suo valore. Loro, se vogliono, da dove sono entrano in questo solco. Certo, nei loro comportamenti quotidiani non danno l’idea di essere democratici e tolleranti, viceversa li vediamo molto antidemocratici, si esprimono sempre con un linguaggio truculento e violento. Insomma, la fiamma del simbolo si è abbassata, ma l’arrosto è sempre quello. Noi ex deportati, familiari ed amici ci chiediamo, specie in questi ultimi tempi, da dove ripartire, oppure quale, può essere un punto di riferimento al quale dobbiamo guardare. Ebbene a noi sembra che il giuramento di Mauthausen del maggio ’45 abbia ancora oggi, a 50 anni di distanza, una sua grande validità, laddove si dice: “La permanenza di lunghi anni nei Lager ci ha convinto del valore della fraternità”. Oppure in un altro passo: “La pace e la libertà sono la garanzia della felicità dei popoli, così come l’edificazione del mondo su nuove basi di giustizia sociale e nazionale è la sola strada per la collaborazione pacifica degli Stati e dei popoli”. Grazie.