Intervento di ROSARIO FUCILE Genova
 

A ottant’anni anch’io sto scrivendo la mia storia Mi hanno convinto: e un dovere di tutti noi

Amiche e amici, prendo la parola per dovere di firma, perché quanto è stato detto io confermo e vorrei aggiungere ancora qualcosa. Partiamo con la questione di ciò che abbiamo fatto, come ci è stato richiesto dalla nostra nazionale. Io vorrei rassicurare la nostra simpaticissima e bravissima Gigante che tutti gli anni orrnai noi è come avere un programma, quel programma si ripete tutti gli anni, si migliora tutti gli anni se si è fatto qualche errore. Ecco perché delle volte non vi si manda tutta la relazione se non è una cosa più importante, ma la cosa normale, voi sapete quanto sacrificio costa perché noi non possiamo mantenerci una segretaria, io alla sera mi metto a battere a macchina e mia moglie ogni tanto mi tira una scarpa perché deve dormire. Di giorno bisogna lavorare, oggi come oggi abbiamo delle riunioni molto spesso e la nostra associazione conta qualcosa, anche se stanno cambiando i tempi. Questo ce lo dimostra la nostra regione, che mai aveva fatto un lavoro come lo sta facendo quest’anno. Pensate che quest’arino sono stati stanziati 550 milioni, 120 milioni per la ricerca della memoria, e cioè le testimonianze che saranno fatte e che sono già state fatte sia a Savona, sia a La Spezia, sia a Ventimiglia, cioè a Imperia, sia a Genova. Questo libro costerà 120 milioni, ci auguriamo che si possa fare.
In più abbiamo la possibilità di poter.portare nei campi di sterminio come visitatori i giovani affinché possano constatare con i loro occhi davanti a noi che presenziamo a questo, che siamo i loro testimoni. Questo lo facciamo affinché i giovani siano più convinti, perché anche parlando nelle scuole non è efficace come è efficace portarli sul posto, perché lì non si può mentire. Dachau, io dico, è a Monaco di Baviera; siete giovani, fatevi un viaggio quelli che non ci credono, turistico, però quando arrivate proprio a Dachau ricordatevi che lì c’è un museo di ricordi di sofferenze. Noi questo lo facciamo tutti gli anni, siamo ricercati proprio, e noi non abbiamo quasi personale per poter mandare in giro per la richiesta fatta da tanti presidi. Ho visto infatti anche a Savona, quando ci siamo presentati al Liceo Eugenio Pertini, l’efficacia che abbiamo avuto per gli studenti, contentissimi di vedere specialmente noi, e di vedere ancora la inia giacca che ho il coraggio di tenere dopo 50 anni.
La mia reliquia di giacca me la porto appresso, e non so se la daremo a un museo o la porterò con me. Per rafforzare ancora queste iniziative con la Regione abbiamo fatto un Comitato di tutte le associazioni combattentistiche della Resistenza, sono rappresentate Savona, La Spezia, Imperia. Bisogna dimostrarlo di essere superstiti. Ma quando ci sono 1.500 persone che arrivano in Germania e non ne muore uno, non credo che si possano chiamare superstiti dei campi di sterminio. Altra cosa che non posso accettare è che si possa dire: anch’io ero a Mauthausen, alla domenica andavo a prendere il caffè nel bar.
Amici, io sono impressionato da queste cose, sono sei mesi che non vivo, allora cerco di mettere le cose più a posto possibile perché non vogliamo danneggiare nessuno, ma, come dicevo, i campi di sterminio erano una cosa seria, e noi non permetteremo a nessuno che ci metta il naso di dire delle bugie. Allora io sto facendo un opuscolo, a ottant’anni anch’io faccio le memorie e le depositerò, perché è dovere di ognuno, mi hanno costretto. Queste richieste di testimonianze vengono fatte ancora oggi all’estero, e precisamente in Germania.
Io ringrazio Tibaldi, di aver mandato due ricercatori che si rivolgevano a lui sapendo che è un membro che fa parte del Comitato internazionale, hanno detto di cercare in un campo di sterminio, che poi campo non era, era solo una chiesa dove alla sera ci chiudevano dentro 650 persone, era come una stalla, e c’era della paglia e c’era il martirio della notte da passare. Mi sono detto, se faccio questa testimonianza a questa Università di Berlino, e a me fa piacere fare qualcosa per me e per gli altri. Pensate che l’ho intitolato, non so se a voi farà piacere, a mio figlio, che ha 25 anni, e a tutti i figli dei compagni caduti e superstiti perché sappiano e facciano sapere qual è stato il grande sacrificio dei loro padri in nome della libertà, della democrazia e della giustizia per tutti i popoli. lo non avevo mai avuto la forza di raccontare la marcia della morte.
Ho pianto diverse volte, pensare che in quel viaggio che facevamo dovevamo portare un carretto carico delle masserizie di tutte le SS che c’erano, e voi pensate fare i bisogni mentre si camminava per non fermarsi, pensare all’indomani che si doveva fare la stessa strada, per sei giorni la stessa strada, luridi come eravamo, quella ancora aggiuntiva che ci mettevamo, i pidocchi che camminavano forse più di noi. Questo noi lo raccontiamo anche agli studenti, non per fare compassione, ma per dimostrargli cosa abbiamo pagato e quanto è cara la libertà. Loro non lo conoscono bene perché non hanno conosciuto la dittatura, per amare la libertà bisogna conoscere un po’ di dittatura.
Inoltre con la Regione sarà fatta una mostra “Arte della Libertà, Antifascismo, Resistenza in Europa”, a Genova Palazzo Ducale, che si aprirà il 16 novembre 1995, chiuderà il 18 febbraio 1996, progetto scientifico e organizzativo da parte dell’associazione di Genova. Questo lo do alla nostra buona Gigante perché lo faccia pubblicare nel “Triangolo Rosso” perché abbiamo intenzione di far arrivare dei pullman da tutte le parti di studenti, perché deve essere una cosa straordinaria. Si farà solo a Genova, non sarà portata in altri posti. Pensate che costa più di mezzo miliardo, non credo che altra associazione la possa fare, e questi soldi sono già stati stanziati. Questo è un orgoglio per tanto lavoro che abbiamo fatto per ottenere queste cose. Voglio ringraziare quei quattro miei compagni che ancora mi danno una mano ed è giusto che li ringrazi, e se qualche volta ho brontolato è per sfogarmi un po’, perché ognuno di noi ha bisogno qualche volta di sfogarsi, altrimenti rimaniamo soffocati dal dolore, dalle sofferenze vissute.