Intervento di PUPA CARRIBA Associazione donne ebree d’Italia

“Ricorda di non dimenticare. Il valore assoluto di un imperativo biblico”

Prima del mio brevissimo intervento a nome delle donne ebree italiane vi leggo un brevissimo messaggio di Tullia Zevi che è molto dispiaciuta di aver avuto degli impegni preesistenti e non essere potuta venire qui, e mi ha affidato questo messaggio: “Rivolgo a nome dell’Unione delle comunità ebraiche italiane e mio personale un saluto augurale agli amici dell’Aned riuniti a Prato per il loro XI congresso nazionale. Rammarico di non poter essere presente di persona a motivo di impegni che mi trattengono a Roma. E’ un congresso denso di significati il vostro, si riunisce infatti nel 50° anniversario della Liberazione anche dei campi di sterminio nazisti che hanno rivelato al mondo gli immensi orrori causati dal sonno della ragione e dal prevalere dì regimi totalitari e razzisti, distruttori dei diritti umani e di ogni libertà. E’ un anniversario che è anche un monito a non dimenticare e a non consentire che la memoria di quegli orrori venga dimenticata o, peggio, che ne venga negata la realtà e l’evidenza storica da parte di chi forse tenta ancora una volta di attentare alla libertà e ai diritti duramente riconquistati. Ricorre anche il 50° anniversario della conquista lungamente attesa dalle donne italiane del diritto di voto, un diritto che va costantemente difeso ed esercitato, soprattutto in occasione delle scadenze elettorali quando le donne devono esigerne l’attuazione, sia come elettrici sia come elette. Riaffermando l’impegno di portare avanti il lavoro comune a difesa dei valori irrinunciabili della democrazia, vi porgo i miei fraterni saluti. Tullia Zevi presidente”.
Quando Tullia Zevi, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane mi ha telefonato per invitarmi a rappresentarla a questo congresso non ha dovuto usare troppe parole; lei ed io eravamo perfettamente consapevoli di quanto fosse importante la presenza ufficiale di una donna ebrea in un incontro che coinvolge testimoni della Resistenza e della deportazione, donne tedesche, il mondo dei giovani, del lavoro, delle comunità cattoliche.
Uno dei principi ispiratori dell’Aned è: Diamo alla memoria un futuro. Più passa il tempo più abbiamo bisogno della memoria. Sappiamo che inevitabilmente in essa si aprono dei vuoti, si formano lacune, ma sappiamo anche che in qualche modo dobbiamo colmarle. Quando ragiono su questo argomento mi viene sempre in mente un’antica leggenda cassidica che voglio raccontare.
Quando Bahal Scem-Tov, il fondatore del movimento mistico di massa sorto nel ‘700 in Europa orientale doveva assolvere un compito dífficile per il bene del prossimo raggiungeva un luogo segreto nel bosco, accendeva un fuoco, si raccoglieva in preghiera e la sua richiesta veniva esaudita. Una generazione dopo il suo successore non ricordava più il luogo segreto, ma era in grado di accendere il fuoco e di dire la preghiera, e la sua richiesta veniva esaudita. Il maestro della terza generazione non ricordava più il luogo segreto nel bosco, non ricordava più come si faceva ad accendere il fuoco, ma era in grado di dire la preghiera e anche la sua richiesta in questo caso veniva esaudita. La generazione successiva diceva: non ricordiamo più il luogo segreto, non sappiamo più accendere il fuoco, abbiamo dimenticato quella preghiera, ma possiamo raccontare la storia di tutto questo, e le nostre richieste sono esaudite.
Forse alcuni di voi già conoscevano questa leggenda che non mi stanco di ascoltare e di raccontare perché mi insegna, ci insegna che la memoria, pur nella sua fragilità, può generare una continuità anche tra le generazioni, ognuna delle quali non è uguale a quella che l’ha preceduta.
Quando adolescente, appena uscita dal trauma della Shoà, ho deciso di respingere la tentazione di dimenticare, non conoscevo questa leggenda, ma percepivo con chiarezza che la conoscenza di sé e della propria storia costituisce una garanzia di identità e di sopravvivenza, non solo per l’ebraismo, ma per qualunque altra cultura. L’imperativo biblico: ricorda di non dimenticare, assume per noi un valore assoluto. Il ricordo di lontani avvenimenti di felicità e di speranza, di dramma e di persecuzione come se fossero accaduti a te stesso, è solo uno degli elementi che hanno garantito, nonostante tutto, la sopravvivenza dell’ebraismo. Il ricordo quindi come ammaestramento di vita.
Durante il Seder di Pesach, la lettura della Haggadà che descrive l’uscita degli Ebrei dalla schiavitù ci esorta a ricordare: sei stato straniero in terra di Egitto, sei stato schiavo, e ci ammonisce a non sfruttare lo schiavo e a non perseguitare lo straniero nella tua terra.
Tramettere la memoria in questo particolare momento storico non è impresa facile, perché qualche cosa si è inceppato lungo il cammino, per eccesso di retorica, per l’illusione di non spaccare il Paese, per il sìlenzio da parte della scuola. Buona parte dei giovani di oggi non sa neppure raccontare la storia, come raccomanda la leggenda cassidica. Eppure, nonostante tutto, e sono la seconda ebrea in questa giornata. sono ancora abbastanza ottimista, perché nei giovani scorgo più ignoranza che disinteresse, più superficialità che malafede. Molto spesso basta toccare la corda giusta per accendere l’interesse dei più, per suscitare la consapevolezza che la comprensione degli errori di ieri, frutto di ideologie che non sono scomparse e di scelte che possono ripetersi. contribuisce alla formazione della coscienza civile di oggi.
Ci aspetta una grande mole di lavoro. ma se siamo qui significa anche che non ci mancano il coraggio e la buona volontà. Grazie.